Durante l'ultima edizione di Wine2Wine, il forum sul business del vino, si è parlato di come migliorare la posizione dei vini italiani sui mercati esteri.
E' emersa la chiara necessità di un coordinamento di tutta la politica di promozione.
Dal punto di vista dei dati, si evince che il trend dell’export di vino italiano è in forte crescita, ma ancora troppo ancorato ai top importer come Usa, Germania e Regno Unito, che valgono il 60% delle esportazioni italiani a livello globale.
L’analisi realizzata per Veronafiere da Nomisma e Wine Monitor in occasione di Wine2Wine registra dati importanti per l’export made in Italy, in aumento del 74% nel decennio 2006-2016, grazie al trend del fenomeno Prosecco (+421% in soli sei anni), oltre a ottime performance di vini come il Montalcino, il Barolo e il Valpolicella.
Non solo luci ma anche ombre, come la recente perdita del primato in valore del primo mercato import al mondo, ovvero gli Stati Uniti, o la debolezza del Belpaese in Cina (5,6% come quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia), così come in tutti i mercati emergenti.
Fra i fattori determinanti c’è la polverizzazione del tessuto imprenditoriale, la “crisi di crescita” dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello dei competitor leader, come la Francia.
“Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi – ha ricordato Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor durante della presentazione dei dati – grazie alla ripresa economica il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia, cresciuta del 40% nei primi nove mesi, oltre all’ennesimo sprint della Cina, con un +14% ad ottobre, seguita da Germania, così come dagli Stati Uniti (+8%)”.
Al tavolo intitolato “Vino italiano: bianco o nero?” hanno partecipato realtà come l’Alleanza delle cooperative, Federvini e Uiv, che hanno trattato la questione dell’ipotesi di un’agenzia unica pubblico-privata per la promozione del vino italiano nel mondo.
“Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica – ha spiegato Ruenza Santandrea, coordinatrice vino dell’Alleanza delle cooperative – ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Ue. Non si può andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”.
“Dobbiamo trovare la forza di metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino, oggi delegato alle regioni, come ha fatto la Francia – ha ricordato Sandro Boscaini, presidente di Federvini – I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi”.
Per Ernesto Abbona, presidente dell’Unione italiana vini, fare sistema è la priorità per avere successo sui mercati. “Il piano straordinario dell’export promosso dal ministro Calenda e il tavolo vino voluto dal sottosegretario Ivan Scalfarotto sono illuminanti esempi di come, anche in Italia, si possa fare sistema grazie alla forte volontà della pubblica amministrazione di combattere la difficoltà italiana a fare squadra, criticità che si registra anche all’interno del nostro comparto.
La politica si sta mostrando sempre più sensibile alle reali necessità del nostro settore e condividiamo appieno le indicazioni strategiche del “piano Calenda”, che vogliono privilegiare progetti concreti con risultati misurabili, favorire sinergie tra soggetti pubblici e privati impegnati nella promozione, oltre che associazioni imprenditoriali. L’obiettivo di Uiv è perseguire da sempre quello di fare rete sia all’interno della filiera sia fuori, per diventare sempre più competitivi in un mercato globale al quale bisogna presentarsi uniti e forti”.
“L’Italia – ha concluso Abbona – è ricca di espressioni diverse del vino in termini di territorio, vitigni, storie famigliari e imprenditoriali. Un patrimonio che ci consente di rispondere a target variegati ma che, allo stesso tempo, deve imparare a presentarsi come sistema, parlando con una sole voce. Una sfida complessa e difficile, che possiamo vincere continuando a lavorare in questa direzione, per avere un’identità italiana competitiva, mantenendo tutte le nostre sfumature”.