Apicoltura, un'altra annata da dimenticare
Siccità, gelate tardive e caldo hanno messo a durissima prova il mondo apistico, con produzioni di miele in alcuni casi anche azzerate. Perdite anche per pappa reale e polline, e ora si teme per la sopravvivenza invernale degli alveari.
Non sembra finire la successione di annate negative che, ormai da troppe stagioni, si allineano come anelli di una catena oppressiva per l'apicoltura italiana.
E questo 2017 segna forse un record di negatività, con una stagione avversa che ha visto una siccità prolungata, poi le gelate di aprile, che hanno compromesso la fioritura dell'acacia in diverse zone del paese, poi il proseguire della siccità e il forte caldo che hanno stremato le famiglie, diminuito drasticamente la produzione e aumentato i costi di gestione.
In tutto questo ci si devono aggiungere anche gli incendi boschivi. Infatti oltre ai danni diretti come nel caso degli alveari distrutti nei roghi, il caso più famoso quest'anno è quello dei cento nuclei bruciati sulle pendici del Vesuvio, si deve far conto con la distruzione delle fonti nettarifere, che nel caso di essenze arboree o arbustive, come acacia, castagno, edera, erica e corbezzolo, ci metteranno anni per ricostituirsi.
La perdita principale, e che già rimbalza da diverse settimane anche sui mezzi di informazione, è la riduzione della produzione di miele.
Colpite soprattutto le produzioni primaverili, che hanno subito una siccità che in alcuni casi è iniziata già nell'inverno, a cui hanno fatto seguito i ritorni di freddo che da un lato hanno rovinato le fioriture e dall'altro hanno bloccato lo sviluppo delle famiglie, già lento per lo scarso flusso di nettare.
Come emerge dai dati pubblicati dall'Osservatorio nazionale del miele di Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna, il miele di acacia, una delle produzioni chiave soprattutto al Centro Nord, sia per quantitativi che per prezzo di vendita, ha avuto una riduzione anche dell'80%.
Per l'acacia le produzioni medie ad alveare sono state definite 'irrisorie', come scritto nel primo report sulle produzioni 2017 dell'Osservatorio, con medie anche di 0-2 chilogrammi ad alveare, a fronte di produzioni normali di 20-35 chili. E, a differenza di altri anni, l'acacia non è stata prodotta nemmeno al Centro Sud.
In Sardegna si sono segnalate perdite sul miele di asfodelo, una delle principali fioriture primaverili dell'isola, e del cardo, che ha avuto produzioni scarse o nulle anche in Sicilia.
Anche la sulla, altro importante miele primaverile del Centro Sud, ha subito forti riduzioni a causa della siccità, in particolare in Toscana dove la produzione è stata praticamente azzerata.
Dati negativi anche per il castagno, che con l'eccezione della Val d'Aosta dove il raccolto è stato buono, ha visto le produzioni praticamente dimezzate in tutta Italia.
Segnalati forti cali anche sui millefiori primaverili e soprattutto estivi, che in alcuni casi hanno fatto registrare produzioni azzerate.
Tra i pochi raccolti buoni, anche se non ottimi, c'è il miele di agrumi al Sud e quello di tiglio al Nord nelle zone prealpine, piccole boccate d'aria che non alleviano certo la situazione né complessiva, né locale.
Ma il miele non è stata l'unica vittima di questa annata. La produzione del polline è calata in media del 30-40%, secondo le stime dell'Apicoltura Aldo Metalori, il principale punto di lavorazione contoterzi di polline per il Centro Sud Italia.
E ora la raccolta del polline di edera, ultima fioritura pollinifera della stagione, sta già segnando un calo del 50%, dovuto soprattutto alla scarsa forza degli alveari, che durante l'estate hanno bloccato il loro normale sviluppo per la mancanza di cibo.
Cali di produzione stimabili intorno al 30% si sono registrai anche nella produzione di pappa reale, a causa soprattutto della scarsa raccolta di polline e, di riflesso, nella produzione di api regine.
Fonte http://ow.ly/tlFE30fJLHT