La grappa diventa di tendenza con riserve e monovitigni

La grappa diventa di tendenza con riserve e monovitigni.


Si può discutere a lungo sulle origini della grappa (pare sia nata per studi medici nella Scuola Salernitana intorno all’anno Mille) e sull’interpretazione campanilistica che viene inseguita tenacemente da una provincia all’altra, ma un paletto è piantato come la spada nella roccia: è solo italiana. Per tradizione, per cultura e soprattutto per legge. Il regolamento 110/2008 dell’Unione Europea ha recepito i valori intrinsechi al prodotto riconoscendola Indicazione Geografica e riservando unicamente all’acquavite italiana la possibilità di denominarsi grappa. Quanto al nome, deriva da “graspo” ossia tralcio d’uva in Veneto, regione che vanta la storia più importante per il prodotto. A Bassano del Grappa, nel 1799, operava già la Distilleria Nardini, prima in Italia a introdurre il metodo di distillazione a vapore (avete presente gli alambicchi modello Mago Merlino?), oggi sostituiti da quelli a bagnomaria e automatizzati. La grande passione nel Nord-Est non ha fatto sparire del tutto la produzione home-made, ma onestamente è molto difficile imbattersi – come per la birra – in capolavori artigianali.   

Oggi è sempre più l’acquavite prodotta da vinacce, ricavate da uve prodotte e vinificate esclusivamente in Italia. Distillate entro i nostri confini, con gradazione alcolica non inferiore a 37,5°. Andata un po’ in disuso la classificazione sulla base di caratteristiche organolettiche (giovani, invecchiate, aromatiche, aromatizzate), si ragiona ora sulla realizzazione con monovitigno – quindi da singola varietà di vinaccia – o mista, con più vinacce impiegate. Non stupisce che le prime siano di gran moda, trainate dall’interesse generale per il vino: spuntano a ogni latitudine e si rifanno ai grandi cru come l’Amarone, il Brunello di Montalcino e il Barolo. In questo senso, anche i più accaniti concorrenti dovrebbero erigere un monumento alla famiglia friulana Nonino – ora guidata da tre brave e belle sorelle – che nel 1973 ebbe l’idea e registrò il termine monovitigno, oggi usato serenamente dall’intero settore e che in definitiva ha sdoganato il prodotto.

Bonollo è anche il presidente dell’Istituto Nazionale Grappe che rappresenta circa il 70% della grappa distillata e un centinaio di aziende. “Si sta riscontrando un progressivo passaggio verso un consumo sempre più consapevole: calano le quantità, ma acquista sempre più valore il profilo sensoriale della grappa, l’originalità e la personalità che il consumatore vuole capire – spiega -. Da qui un trend di crescita importante delle grappe invecchiate e delle grappe riserva (o stravecchie, ma non esiste una classificazione precisa) nelle quali il carattere si arricchisce di ulteriore morbidezza ed equilibrio attraverso la maturazione in legno, anche di pregio. Il consumatore d’oggi preferisce caratteri anche molto diversi: ognuno ha un proprio gusto che poi nel tempo, appassionandosi per il prodotto, evolve e si affina”.  

E in effetti, ci si imbatte sempre più in prodotti dalla lenta maturazione e con precise definizioni regionali, tra l’altro ammesse dalla nostra legislazione.

Fonte http://gazzagolosa.gazzetta.it/2017/01/06/nuove-tendenze-grappa/?refresh_ce-cp